Ci risiamo:
chiusa la scuola, finalmente si parla di scuola.
O meglio, si straparla di scuola e di scuole.
È un po’ come nel calcio. Fermato
il calcio giocato, tutto sudore e passione, subentra quello dei palloni
gonfiati da chiacchiere e sogni del calciomercato. Così chiusa la scuola tutta
passione e applicazione la partita istruzione passa dalle aule scolastiche a
quelle parlamentari. Qui, in campo, i “palloni gonfiati” non mancano e neppure
le chiacchiere e i sogni. C’è chi straparla della scuola da rilanciare e
rinnovare e chi delle scuole da consolidare e rimodernare, chi si fa paladino
dei contenuti e chi dei contenitori. Procedendo nel solco dell’avrei voluto ma
non posso e del tanto rumore per niente.
Non sfuggono a questo rito stagionale i ministri tecnici o
neoprestati alla politica. Così giornali e schermi si riempiono delle loro
promesse, un giorno tutte puntare sull’edilizia scolastica e l’altro ad
ingaggiare chissà quanti nuovi insegnanti.
Così le recenti dichiarazioni del Ministro della Pubblica
Istruzione sul contingente dei ruoli per il personale docente precario della
scuola sono in linea con tutti quelli che lo hanno preceduto. Perché il Governo
non considera l’istruzione un settore strategico per il “sistema Paese”, per l’evoluzione,
la formazione e l’emancipazione delle nuove generazioni e, di riflesso, della
nostra comunità sociale ed economica, tant’è che a chiacchiere la indica come
funzione baricentrica da rilanciare ma, all’atto pratico, la considera semplice
“partita di spesa” da contrarre, un costo da tagliare.
Il ministro non affronta i problemi cronici del sistema
scolastico italiano, ma li elude. Copre con un pannicello caldo le ferite
profonde al corpo vivo della scuola italiana inferte, negli ultimi decenni, da
un manipolo di ministri incapaci e insensibili, supini ai miopi, restrittivi e
più spesso distruttivi diktat dei loro degni colleghi delle Finanze.
Anche stavolta vengono millantati mirabolanti piani
pluriennali di assunzioni trascurando la funzione “stagionale” dei nostri
governi e la sistematica elusione e revoca degli impegni assunti in precedenza
da parte degli esecutivi successivi. A questo si aggiungano i ribaltoni
normativi dei nuovi “sapientoni” posti al vertice del dicastero di viale
Trastevere, come se la scuola pubblica fosse un pugno di Lego da smontare e
rimontare secondo i propri capricci e non un patrimonio comune da salvaguardare
e rilanciare.
Ancora una volta, purtroppo, si succedono fumose e
scriteriate dichiarazioni che annunciano lo “svuotamento delle graduatorie”.
Peccato che truffaldinamente omettano di dire che nelle graduatorie – ormai da
decenni – stazionano180.000 aventi diritto, laureati, titolati, specializzati,
e pluriabilitati che hanno brillantemente superato pubblici concorsi, stage ed
ogni altro percorso professionalmente qualificante. Ancora più insopportabile è
la menzogna dello “svuotamento delle graduatorie” alla luce dei contingenti di
assunzione del fantomatico piano triennale di assunzione. Si pretende di
svuotare il mare di 180.000 iscritti in graduatoria col cucchiaino di 7.000
assunzione all’anno. Nel frattempo nel “mar morto” della precarietà si sta per
“riversare” il fiume di decine e decine di migliaia di neoabilitati ai concorsi
in via di ultimazione. Un’altra marea di giovani aspiranti docenti da includere
(leggi, illudere) nelle graduatoria, in attesa che invecchino lì fin quando il
ministro sapientone di turno – un boyscout inconcludente, una ricca moglie
nullafacente, un’inutile creatura colta nel giardino brianzolo, un professorino
disossato, o chissà chi non ci venga a dire, a reti unificate, che il nostro
personale docente è troppo vecchio. Come se in Italia si procreasse una nuova
specie il: natovecchio. Una categoria umana composta da creature un po’ masochiste,
e talvolta miopi o presbiti, che si divertono a fare concorsi a cattedra,
mentre i normodotati li fanno a Salsomaggiore, Sanremo, X-factor o al Grande
Fratello e amenità simili. Creature strane, questi nativecchi, studiano e
quando, come tutti gli altri, hanno finito ricominciano a farlo sine die. E se
non muoiono prima, prima o poi, iniziano a far studiare gli altri. Ma questa e
la cosa che faranno meno, e per minor tempo, proprio perché precari e perché
invecchiati troppo. L’Ocse Pisa, quindi, dirà di loro che occorre sostituirli,
licenziarli. Già. Ma come si fa a dire al ministro sapientone di turno o al
“sondaggista” pisano che il natovecchio, in effetti, non è mai stato davvero
assunto?
Suvvia ministro, un po’ di originalità e di coraggio: non mi aspetto
che faccia o dica qualcosa di sinistra o faccia e dica qualcosa di liberale,
però dica qualcosa di serio e faccia qualcosa di utile.
In conclusione, se lo faccia dire da un docente tutta
passione e applicazione, il dovere politico e la necessità funzionale della
scuola impongono al governo il rilancio della qualità dell’offerta scolastica
pubblica che passa attraverso investimenti economici, strumentali e umani, la
valorizzazione della funzione docente e la continuità didattica da garantire
con l’assunzione su tutti i posti disponibili dei precari in graduatoria fino
all’esaurimento delle stesse e, solo dopo, sarà possibile l’adozione di nuovi
sistemi di reclutamento. Fuori da tale ambito si gonfiano solo palloni e sogni
(leggi, inganni).
Nessun commento:
Posta un commento
clicca per vedere se ci sono commenti